Gli uccelli

di Aristofane
traduzione di Dario Del Corno
drammaturgia di Sandro Lombardi

con Leonardo Capuano, Silvio Castiglioni, Marion D’Amburgo, Clara Galante, Sandro Lombardi, Ciro Masella, Marta Richeldi, Alessandro Schiavo, Massimo Verdastro

regia di Federico Tiezzi

scene di Pier Paolo Bisleri
costumi di Giovanna Buzzi
luci di Gianni Pollini
musiche eseguite dal vivo da Aleksandar Karlic
maestro di canto Francesca Della Monica
regista assistente Giovanni Scandella

produzione
Compagnia Lombardi-Tiezzi
Emilia Romagna Teatro

Prima rappresentazione: Firenze, Teatro Goldoni, 3 novembre 2005

Due ateniesi lasciano la loro città tediosa, divorata dalla corruzione e sull’orlo del crollo definitivo, per andare in cerca di un luogo “senza seccature” dove trascorrere in santa pace il resto della vita. Così comincia Gli Uccelli di Aristofane, che Dario Del Corno definisce “la più bella commedia di tutti i tempi”. Nel mondo degli uccelli i due ateniesi cercano e trovano un grande sogno utopico, una patria dolce e materna, senza leggi né violenza. L’utopia di Aristofane è nostalgica e tutta rivolta a un vagheggiamento del passato, quando Atene poteva davvero essere considerata una ‘città ideale’. Attraverso una comicità surreale e lirica, fantastica e liberatoria, Gli Uccelli è un’opera colma di spirito di contestazione. Nonostante la sua ideologia aristocratica e conservatrice, Aristofane risulta qui ‘più moderno di ogni moderno’ (Pasolini), nel rivendicare la necessità della gioia e della concretezza, dei piaceri del corpo (dal cibo al sesso, al godimento della natura). E’ il grande sogno della creazione di una società libera e felice, dove gli uomini, riconquistato il rapporto con la natura, possano vivere nel migliore dei mondi possibili. Intrisa di comicità e sarcasmo, questa commedia dissacra tutti i miti di allora come di oggi; e mentre ridiamo di cuore pensiamo alla verità dei suoi significati. Ma cos’è e dove si trova il regno di Utopia? E’ forse il palcoscenico dove è possibile, nello stesso momento, la realtà e il sogno?
Assistiamo così, nello spettacolo, alla presa di possesso, da parte di Pisetero ed Evelpide, di quello spazio (scenico) nel quale, nel corso dei secoli, si sono raccontate le vicende, le speranze e i mutamenti del cuore degli uomini; dove si è rappresentato e discusso il cambiamento, la ribellione, l’utopia di mondi migliori, l’idea stessa di libertà.
Ma nel racconto di Aristofane il regno di Utopia si riconverte a poco a poco nel mondo che conosciamo con le sue strutture e le sue figure: poetastri e politicanti da strapazzo, lenoni e parricidi, dèi e uomini vengono a bussare alla porta del “neo-regista” Pisetero, chiedendogli, con insistenza, di inventare leggi ad personam, a scapito della ideale Costituzione ornitologica.
In questo Teatro del Mondo tutti gli stili teatrali concorrono alla rappresentazione: è il teatro con i suoi infiniti umori e linguaggi a rappresentarsi.
E come tutti i grandi capolavori, Gli Uccelli ha ispirato poeti e drammaturghi tra i più diversi. Di questi, Federico Tiezzi è interessato in particolare a Bertolt Brecht e a Pier Paolo Pasolini. Al primo Gli Uccelli potrebbe aver ispirato la stessa idea di ‘dramma didattico” e dimostrativo. Il secondo ne è stato evidentemente guidato per il film Uccellacci e uccellini. Ma la lettura di Tiezzi non intende fermarsi a questi due filtri novecenteschi, puntando anche all’idea di ‘città ideale’ che percorre, come un’esigenza ricorrente nei secoli, il Rinascimento toscano come le utopie di grandi filosofi (da Kant a Hegel) fino agli utopisti dell’Ottocento che tanto pesarono nella formazione di Karl Marx. E senza mai dimenticare la leggerezza tutta mozartiana di una commedia scritta circa 2500 anni fa e che è fresca come una rosa appena sbocciata.