








di Santha Rama Rau dal romanzo di Edward M. Forster
traduzione di Sandro Lombardi
drammaturgia di Sandro Lombardi e Federico Tiezzi
con Fabricio Christian Amansi, Andrea Carabelli, Daniele Bonaiuti, Silvio Castiglioni, Giovanni Franzoni, Giulia Lazzarini, Sandro Lombardi, Sandro Mabellini, Ciro Masella, Graziano Piazza, Massimo Verdastro, Debora Zuin
regia di Federico Tiezzi
scene di Francesco Calcagnini
costumi di Giovanna Buzzi
luci di Roberto Innocenti
musiche elaborate ed eseguite da Aleksandar Karlic
maestro di canto Francesca Della Monica
regista assistente Giovanni Scandella
produzione
Compagnia Sandro Lombardi
Teatro Metastasio Stabile della Toscana
Prima rappresentazione: Prato, Teatro Metastasio, 25 ottobre 2008
Mai rappresentato in Italia fino a oggi, Passaggio in India è l’adattamento teatrale compiuto da Santha Rama Rau alla fine degli anni Cinquanta dell’omonimo romanzo di Forster, risalente al 1924. Con questo titolo, Federico Tiezzi torna a uno dei suoi autori prediletti, dopo aver realizzato, proprio di questo romanzo, una serie di letture radiofoniche alcuni anni addietro.
A Chandrapore, nell’India dominata dal colonialismo, si fronteggiano la società musulmana, la struttura politico-burocratica inglese, gli indù, in una guerra fredda subdola e sgradevole, finché l’arrivo di due donne inglesi, Miss Quested e Mrs. Moore, per motivi diversi anticonformiste e profondamente oneste e disponibili, mette in crisi il falso equilibrio, facendo esplodere tensioni e contraddizioni latenti. Il testo mette in scena le due opposte e complementari curiosità del dottor Aziz e di Adela Quested verso i rispettivi ambienti. Animati entrambi dalle migliori intenzioni, ma sfavoriti dai pregiudizi dei loro mondi, e anche dall’eccesso di apertura all’altro nei loro desideri, i due combinano una serie di pasticci che si concluderanno tragicamente.
Adela vuole conoscere la ‘vera India’, Aziz vuole spasmodicamente mostrarsi all’altezza delle abitudini degli inglesi: la prima verrà portata a scrutare in se stessa e a scoprire verità amare, il secondo non si renderà conto del turbamento che provoca nella ragazza, che arriverà a immaginare niente meno che un tentativo di stupro da parte dell’uomo.
Il conflitto tra due società costrette a convivere nel clima alienato del colonialismo è colto da Forster con ironia e finezza di sentimenti profonda. La parabola è più che mai attuale oggi, in un tempo in cui, sempre più, tutti ci troviamo a convivere e a doverci confrontare con tradizioni e culture diverse dalla nostra.
Riprendere in mano un testo del genere, al di là della sua straordinaria efficacia drammaturgica, può costituire uno spunto di riflessione importante al fine di evitare i ‘pasticci’ che Aziz e Adela pagheranno a caro prezzo.
Il centro drammatico dell’opera consiste in una gita alle grotte Marabar. Una volta dentro, al buio, in un calore soffocante, sola con Aziz, Adela si convince di aver subìto un’aggressione sessuale. Aziz viene accusato, imprigionato e infine processato. Durante il processo, Adela si rende conto che è stato tutto una sorta di allucinazione. Ritira l’accusa, nella disapprovazione generale degli inglesi, che la abbandonano a se stessa.
Il fatto contingente non è solo un’invenzione narrativa di grande efficacia, è anche simbolo di una vicenda interiore, a sua volta metafora di due visioni della vita. Da una parte la convenzione e dall’altra la libertà, da una parte l’intelletto dall’altra il cuore (ragione e sentimento?). L’urto di due mondi morali, messi a fuoco anche geograficamente e sociologicamente, oltre che psicologicamente, si conclude non con una ritrovata armonia ma col fallimento degli incontri: resta da parte di tutti un impetuoso sforzo per conoscere l’altrui sconosciuta identità: spirituale, morale, fisica, sociale.
Only connect è il motto anteposto a Casa Howard, il precedente romanzo di Forster: connettere le cose. In questo caso il problema è quello di connettere due realtà condannate a convivere; ed è lo sforzo che si assume Fielding, il professore inglese testimone dello scandalo della razionalità sconfitta sotto la pressione del conformismo. Connettere, per ricomporre i contrasti della storia, della società, dell’incontro delle anime.
Il romanzo di Forster diviene, nel dramma di Santha Rama Rau, una sorta di exemplum da studiare. Sotto l’occhio attento della drammaturgia, emergono caratteri e passioni che spingono a pensare una regia che dia vita, sulla scena, a un dramma “che insegna”, quasi brechtianamente ‘didattico’.
La bandiera inglese e quella indiana, le carte geografiche, o i planisferi di Alighiero Boetti saranno lo sfondo di questo spettacolo, di questo racconto, forse con morale, dove Forster ha attribuito all’arte del narrare non solo una funzione rappresentativa ma anche conoscitiva. L’aspirazione non è solo quella di ‘rappresentare’ la vita ma anche di trovarne il significato. Così come nell’idea della ‘connessione’, nel tentativo dei personaggi di “connettersi” con l’India, attraverso il dottor Aziz, da una parte, e con l’Inghilterra, sempre attraverso Aziz dall’altra, si riflette il tentativo di conoscere l’inconoscibile, lo straniero, quasi l’alieno.
Nel delineare i suoi personaggi, Forster resta mirabilmente imparziale: pregi e difetti di entrambi i mondi (fatta eccezione per alcuni inglesi dichiaratamente razzisti ed evidentemente odiosi all’autore) vengono colti e messi in scena con grande oggettività, e con una profonda comprensione delle ragioni, dei limiti ma anche delle qualità umane e delle onestà di fondo di tutti. E – cosa che non guasta in questo mondo inaridito dall’amarezza, con immensa pietà.